Controversie sulla Rivelazione coranica (Q 53,19-20)

Il profeta Muhammad nacque nel 570 a la Mecca da Abdallah del clan degli Hashim della tribù dei Quraysh, i padroni della Mecca. In seguito i biografi musulmani inserirono il suo clan nella genealogia di Abramo tale da rendere il Profeta discendente persino da Adamo il che poteva sembrare un fattore di prestigio in una società progredita mentre nella società beduina non esisteva il concetto di lignaggio e il prestigio si conseguiva mediante l’accumulo delle ricchezze. Sembra inoltre che la scrittura non fosse molto diffusa sebbene Muhammad doveva conoscere l’arabo e il dialetto Quraysh con cui erano formulate le poesie meccane.
In anni recenti lo studioso egiziano Taha Husayn ha messo in dubbio l’autenticità della poesia preislamica considerandola piuttosto un prodotto del VII secolo e utilizzata dai biografi musulmani per giustificare l’orgoglio degli antichi beduini. La stessa poesia del resto è condannata nel Corano (Q 26,224-226) sebbene il Corano, pur essendo il primo esempio di prosa in lingua araba, conserva nel suo stile un ritmo molto vicino alla poetica ed alla parola recitata. Versi spezzati, termini allusivi, rime ricercate donano al testo un ritmo che viene ancora più messo in rilievo dall’abilità dei recitatori. Al tempo della nascita di Muhammad tuttavia gli Hashimiti si erano impoveriti e non avevano alcuna influenza nell’ambiente politico dell’epoca.
Orfano dei genitori fu affidato allo zio Abu Talib. Erano anni in cui la Mecca era dilaniata da lotte tribali. Nel 595 stipulò un contratto di matrimonio con una ricca vedova Khadija da cui ebbe numerosi figlie (i maschi morirono tutti bambini) tra cui Fatima che andò in sposa al fratello Ali tuttora considerata una santa nella tradizione sciita. L’ambiente religioso meccano era piuttosto eterogeneo con la presenza, accanto al politaismo preislamico, di sparute minoranze cristiane e persiane. Probabilmente Muhammad intratteneva rapporti commerciali con molti di essi da cui ne sarebbe scaturita una conoscenza relativamente ampia.
Nel 610 durante un ritiro spirituale sul monte Hira vicino alla Mecca fu rapito in estasi dall’angelo Garbiele che gli consegnò la Rivelazione coranica. L’orientalistica europea ha cercato di individuare nella tradizione religiosa beduina i prodromi della svolta spirituale di Muhammad ma se è vero che esisteva nel pantheon pagano meccano il culto di Hubal, uno degli idoli della Kaba, da cui sarebbe derivato Allah, tuttavia il messaggio maomettano era rigorosamente monoteista. Dopo la Rivelazione, Muhammad rimase 12 anni alla Mecca durante i quali si dedicò alla predicazione e all’organizzazione dell’islam. Ben presto però si attirò le inimicizie dei clan meccani che iniziarono a perseguitarlo. Secondo alcuni c’era la paura che potessero finire i pellegrinaggi alla Kaba e con essa anche tutti gli introiti, secondo altri la predicazione islamica poteva mettere in discussioni le basi etiche della tradizione.
Nel 615 si verificò uno scisma interno sulla leadership di Muhammad che determinò una fuga di un gruppo di musulmani in Abissinia. Nel 619 i meccani catturarono e uccisero sua moglie e lo zio allorchè Muhhamad fuggì a Medina (già Yathrib) da cui si ritiene sia iniziato il computo del tempo islamico (Egira) e la nascita della prima comunità islamica (umma). Muhammad trovò le risorse per stringere alleanze con altre tribù e respingere gli assalti meccani e gli ebrei che li avevano sostenuti (massacro dei Qurayza). Alla luce di questo episodio Muhammad preferì cambiare la direzione della preghiera rivolta prima verso Gerusalemme, in ossequio agli ebrei, e poi stabilita verso la Mecca.
I conflitti verso i meccani furono inoltre il pretesto per enunciare i principi della Jihad intesa come riconquista a Dio dei popoli infedeli. Tuttavia fu grazie ad un accordo, cd. Patto di Hudaibiya, che Muhammad riuscì a ottenere la sottomissione della Mecca senza ulteriore spargimento di sangue. Ciò fu contestato dalla fronda interna come un atto di debolezza a cui il profeta rispose con la richiesta di un giuramento. Rifondò la Kaba dichiarandola “casa di Dio” distruggendone gli oltre 300 idoli pagani ed inizò una serie di sortite militari per delimitare il suo territorio (battaglie di Tabuk e di Hunayn). Nel giugno del 632 Muhammad muore tra le braccia della giovane moglie Aisha figlia di Abu Bakr che fu eletto successore del Profeta. Nel giro di un secolo l’Islam si espanse per tutto il mondo dalla Spagna all’Indonesia anche se molto orientalisti vedono l’espansione come un pretesto di molte minoranze a ribellarsi agli oppressori bizantini.
Le prime biografie su Maometto cominciarono a girare circa un secolo dopo la sua scomparsa e diedero inizio alla “sira” ovvero quel genere storiografico relativo alla vita del Profeta. Le cause di questo ritardo sono da rintracciare nell’idea che il Corano di per sé già contiene delle notizie sulla vita del Profeta e ci sono stati dottori che si sono impegnati nello scoprire quali episodi lo riguardassero. Oltre al Corano le fonti biografiche sono da rintracciare nelle tradizioni orali dei compagni del Profeta nonché citazioni frammentarie sparse in scritti di varia origine.
La prima “sira” fu composta da Inb Ishaq ma è giunta sino a noi grazie alla recensione di Ibn Hisham che però ne manipolò il testo. Il genere letterario “sira” nasce con scopi morali perciò Ibn Hisham eliminò quei passi della vita del Profeta che potavano sembrare più imbarazzanti tra cui il celebre episodio delle tre divinità pagane: Lat, Uzza e Manat. L’episodio è attestato nei primi “tafsir” (commentari) e nei biografi più recenti. L’episodio si staglia nella prima fase di organizzazione dell’islam di Maometto allorquando desiderava convertire i suoi parenti alla Mecca. In una delle sue peregrinazioni nel deserto Maometto è rapito in estasi da quello che gli sembrava l’arcangelo Gabriele:

“Hai pensato ad al-Lat, al-Uzza e al-Manat?”

“Questi sono gli esaltati “gharaniq” di cui si spera l’intercessione”

“Gharaniq” è un hapax legomenon cioè una parola che appare una sola volta nel Corano e che gli ulama (teologi arabi) hanno tradotto con “uccelli” mentre l’orientalista William Mur lo interpreta come “donne esaltate”. L’episodio è riportato da Ibn Sad, Al-Waqidi e al-Tabari che aggiungono l’incontro con Gabriele in un secondo momento per avvisare Maometto dell’inganno che lui aveva subito da una figura oscura non meglio specificata. Ciò dimostra che nell’islam primitivo questo episodio era universalmente accettato. Nel VIII sec. Urwah Ibn Zubayr conserva la narrazione di base ma senza menzione della tentazione satanica.
Maometto fu perseguitato dai Meccani dopo aver attaccato i loro idoli, durante il quale un gruppo di musulmani cercò rifugio in Abissinia. Dopo la persecuzione ritornarono a casa, ma presto iniziò un secondo ciclo di attacchi. Tuttavia, non viene fornita alcuna ragione convincente per la cesura della persecuzione, a differenza dell’episodio dei versetti satanici, dove essa è il frutto dell’adattamento di Maometto al politeismo meccano. Un’altra versione attribuita a ‘Urwa prevede un solo ciclo di attacchi, che inizia dopo che Maometto ha convertito l’intera popolazione della Mecca, così che i musulmani sono troppo numerosi per eseguire la prostrazione rituale (sūjud). Ciò è in qualche modo parallelo al momento in cui i musulmani e i mushrikūn (pagani) si prostrano insieme dopo la prima recitazione della Sūra al-Najm da parte di Maometto, presumibilmente già ingannato, in cui presumibilmente viene riconosciuta l’efficacia delle tre dee pagane.
Nel XI sec. il teologo maghrebino Qadi Iyad mise in discussione la fattualità dell’incidente in quanto contrastante con l’ “isma”, la dottrina dell’infallibilità del Profeta. Uri Rubin sostiene che l’allusione alla partecipazione del mushrikūn (partito pagano) sottolinea quanto travolgente e intenso sia stato l’effetto di questa sura sui pagani. Le tradizioni affermano che tutte le creature consapevoli vi presero parte, sia umani che spiriti. Uri Rubin sostiene inoltre che l’episodio sarebbe intrinsecamente illogico senza la recitazione dei versi incriminati, dato che nella versione originale (Q.53:19–23) le dee pagane vengono distrutte. La maggior parte delle tradizioni relative alla prostrazione risolvono il problema o eliminando ogni menzione dei pagani, oppure trasformando il tentativo di partecipazione di un vecchio meccano in un atto di scherno.
In anni recenti Shahab Ahmed ha esaminato 50 tradizioni degli “hadit” ed ha scoperto che solo una minima parte erano incompleti o falsificati. Ibn Taymiyyah ritiene che, poiché la corruzione delle catene di trasmissione era abbastanza diffusa, questi resoconti non dovrebbero essere valutati in base alla loro integrità ma piuttosto sulla base della trasmissione del significato comune tra i resoconti. Molti storici musulmani hanno negato la veridicità dell’episodio – che ha acquistato risonanza mondiale dopo la versione romanzata di Salman Rushdie – mentre è accettata dalla maggior parte di accademici laici.

Bibliografia

Bausani A., L’Islam, Garzanti, Milano 1980.
Branca P., Introduzione all’Islam, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2011.
Campanini M., Islam e Politica, il Mulino, Bologna 2015.
Campanini M., Maometto l’Inviato di Dio, Salerno Editrice, Roma 2020.

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