Dall’ora di religione all’ora di intercultura?

Evento organizzato dalla Facoltà di sociologia di Trento presso il Palazzo di Giurisprudenza, Via Rosmini 27, Trento.

Introduce Davide Strazzari, docente di diritto delle migrazioni presso l’università di Trento, che esprime i ringraziamenti e le motivazioni dell’evento presentato in occasione del bando PRIN 2022, progetto “Universal design for education: legal perspective for a new conception of intercultural education”. Il primo incontro è stato il 1 marzo che ha visto diversi esponenti dell’UE attorno al tema del rapporto tra insegnamento della religione cattolica (iRC) e intercultura che dovrebbe essere legata alle persone con background migratorio e interventi a loro sostegno. In realtà quando parliamo di interculturalità ci riferiamo a tutti per sottolineare il rapporto bidirezionale che caratterizza non solo l’integrazione ma in genere la costruzione dell’identità personale e sociale. Il multiculturalismo è percepito per il fatto che sottolinea il tema della diversità anche se molti la accusano di avere una visione un po’ statica dell’identità etnica e religiosa come se stringesse la prospettiva più generale favorendo comportamenti divisivi. Dopo gli attentati dell’11/9 c’è una tendenza a livello internazionale di approfondire l’intercultura intesa come “terza via” all’assimilazionismo ma anche allo stesso multiculturalismo valorizzato ed arricchito di nuovi propositi nell’idea che ci sono dei valori comuni che devono essere salvaguardati. Il libro bianco pubblicato dal Consiglio d’Europa contiene alcuni indirizzi al riguardo: lo sviluppo di corsi di educazione alla cittadinanza e il riferimento all’educazione religiosa non di tipo confessionale secondo una prospettiva inclusiva e non esclusiva della religione cattolica. È una tendenza che è stata favorita dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo su un caso in Norvegia laddove non c’è un rifiuto all’obbligatorietà purchè esprima dei contenuti di obiettività, eticità e pluralismo. Oggi cercheremo di capire se sia possibile ipotizzare nella scuola italiana l’adozione di un corso di religione multiculturale su cui ci sono vantaggi e limiti. L’idea è di vincere l’ignoranza religiosa (ci si allontana sempre più dalla religione), d’altra parte viviamo un problema di gestione della diversità religiosa avvalorata anche dal fenomeno migratorio con il rischio di banalizzare un determinato credo e di ridurlo ad un insieme di norme e precetti. C’è anche il problema che ci possano essere dei temi conflittuali all’educazione civica, alla sessualità ed alla bioetica.

Interviene Francesca Oliosi, dottoranda dell’università di Trento, che discute una relazione sull’insegnamento religioso in Europa. Quante problematiche si incrociano su un tema come questo? La scuola è il luogo dove i simboli religiosi assumono significato e dove i precetti assumono degli aspetti diversi da ciò che la tradizione ci trasmette. In Belgio c’è stato un periodo dove l’istruzione era in mano alla scuola cattolica ma la Corte Costituzionale ha stabilito che chi non si avvale dell’iRC ha diritto ad una disciplina opzionale. Ogni paese ha una propria normativa. In Italia l’iRC è chiamata lora “debole” perchè a livello curriculare non c’è una formazione alternativa. Un altro problema è la formazione giuridica degli insegnanti. La tesi del mio dottorato è di aprire una prospettiva più ampia sulle religioni, su tutte le religioni anche quelle che non afferiscono ai culti ammessi. Come una confessione vede l’istruzione religiosa? Tutte le confessioni ritengono che la famiglia sia il luogo privilegiato per l’educazione religiosa. In che termini l’ora interculturale potrebbe essere organizzata? L’ipotesi di ricerca serve a vedere se cambiare religione funziona. Le ore di religione sono state trasformate in ore curricolari tante quante sono le religioni sotto la supervisione di un docente esperto. Le classi di controllo invece hanno ricevuto le ore di religione confessionale. La ricerca dimostra che gli apprendimenti scolastici sono uguali per tutti a prescindere dalla religione. Inoltre migliorano le relazioni all’interno della classe grazie ai gruppetti di alunni che si formano sopratutto nelle abilità sociali e nella comunicazioni. In molti casi ancora oggi l’iRC è rifiutata perché considerata una “cenerentola”.

Interviene Massimo Giuliani, professore di pensiero ebraico alla facoltà di lettere all’università di Trento, che discute una relazione sull’insegnamento della religione in Italia. La domanda di oggi si può liquidare nel “Libro dei sogni”? In realtà il tema di oggi vuole sollevare dei problemi sopiti per troppo tempo in un paese che è ancora ancorato saldamente al concordato del 1929 stipulato da Benito Mussolini e il cardinal Gasparri che è stato rivisto nel 1984 da Bettino Craxi e il cardinal Casaroli. La grande novità del 1984 è che la religione cattolica perdeva lo status di “religione di stato”. La seconda grande novità è l’8 per mille che ha aumentato considerevolmente le entrate della Chiesa. Tuttavia anche dopo il 1984 è la Diocesi che organizza la formazione professionale degli insegnanti di religione che sono stipendiati dal Ministero della cultura. Alla Diocesi inoltre spetta la possibilità di approvare o meno l’abilitazione all’insegnamento e un vescovo locale può revocare il nulla osta all’insegnamento a chiunque. Dove passa la linea di demarcazione tra la cultura che veicola il fenomeno religioso ed una cultura religiosa più generale? Una soluzione sarebbe di consentire un’ora di conoscenza delle religioni secondo un approccio pluralistico e comparativo. In questo caso però che senso avrebbe l’obiezione di coscienza se non creare un fenomeno discriminatorio? Un’altra soluzione sarebbe di adottare un’ora di religione impartita da insegnanti di religione cattolica formati però non dalla Diocesi ma dalle istituzioni laiche magari attraverso una collaborazione con gli istituti di formazione delle altre religioni. L’anno scorso c’è stato un tavolo di lavoro tra la CEI e l’UCEI che ha prodotto 16 schede per conoscere l’ebraismo nei programmi iRC. Un altro risultato è stata la revisione dei libri di classe che molto spesso contengono dei concetti fuorvianti sull’ebraismo. Un’ultima soluzione sarebbe di proporre un insegnamento per ogni religione con la possibilità per gli allievi di scegliere quella in cui meglio si riconoscono, es. l’ora di religione ebraica, l’ora di religione islamica, etc. Si può studiare la Bibbia in termini non confessionali? Alcuni ci hanno provato come ad esempio l’associazione Biblia insieme a Tullio De Mauro, Umberto Eco e Carlo Ossola. In Italia non c’è un settore scientifico disciplinare per la teologia. La Bibbia è una delle radici delle cultura occidentale insieme alla metafisica greca.

Interviene Nibras Breigheche, docente di lingue arabe all’università Iulm di Milano, che discute una relazione sull’insegnamento della religione islamica. In base ad un sondaggio sugli insegnanti di religione in Italia alla domanda su quali tipi di libri di testo adottare nel caso fosse istituita un’ora interculturale è emerso che uno su dieci non adotterebbe dei libri di testo di religione islamica. Nel 2011 l’istituto Gherghe ha condotto una ricerca sui libri di testo di cinque paesi europei ed ha scoperto che l’islam è presentato in maniera fuorviante con un razzismo culturale eclatante. Come si combatte l’analfabetismo religioso? Mediante la religione stessa! Numerosi versetti del Corano raccomandano la ricerca dei saperi senza fare alcuna distinzione tra uomo e donna. Il primo versetto del Corano è “Iqrà” (leggi) che è un sinonimo di apprendimento veicolato da uno sforzo (jiad) inteso come consenso personale e non come integralismo religioso. In Italia come nel resto del mondo ci sono stati dei giovani musulmani che sono stati adescati dai gruppi terroristici che fanno leva sulla loro ignoranza religiosa. Le ricerche sui terroristi hanno evidenziato la loro provenienza da contesti sociali disagiati e il loro isolamento rispetto alla comunità religiosa. I primi redattori del Corano non utilizzarono la carta ma la pietra. Il califfo Abu Bakr ebbe l’idea di ordinare queste tavolette su carta e da qui è stato possibile uniformare e diffondere la lingua araba in tutto il mondo. Con la diffusione della stampa il Corano ha acquisito una notevole importanza anche per le popolazioni pagane. Nel mondo arabo-islamico si sono sviluppate una serie di scienze e gli stessi arabi erano visti come dei liberatori quando hanno conquistato l’occidente, es. in Sicilia nessuno sopportava la tassazione bizantina oppure in Spagna hanno fatto cessare la persecuzione degli ebrei. Ci sono diversi detti del Profeta che esortano i musulmani a studiare e a impegnarsi per accrescere le proprie conoscenze ed i Profeti prestano attenzione all’educazione religiosa-morale del bambino: Noè parla con suo figlio Lukman ed un altro esempio è il sacrifio di Isacco in cui Abramo riceve l’ordine di ucciderlo ma viene fermato dall’angelo. La morale è che l’educazione comporta un ascolto reciproco tuttavia nei paesi arabi l’unica religione ammessa è l’islam eccetto in Turchia dove c’è la possibilità di non avvalersi dell’insegnamento islamico mentre in altri paesi, come la Giordania e il Libano, l’insegnamento religioso non è obbligatorio. In Italia proponiamo, come già avviene in Germania, un insegnamento per ogni religione con la possibilità per gli allievi di scegliere, es. l’ora di religione ebraica, l’ora di religione islamica, etc. Un’altra proposta è quella di istituire un corso di laurea di intercultura che dovrebbero servire alla formazione accademica degli insegnanti di religione, come già fa l’istituto “Bayan”.

Interviene Ilaria Valenzi, research fellow alla Fondazione Bruno Kessler di Trento e docente all’università di Roma “La Sapienza”, che discute una relazione sul fattore religioso nello spazio pubblico e locale. La Chiesa valdese è stata la prima confessione protestante in Italia la cui storia si può ricondurre al movimento itinerante assimilabile alla predicazione di Juan Valdes che attribuì la predicazione alle donne e ai laici con la possibilità di leggere e insegnare le Sacre scritture in lingua volgare. Nel 1532 la chiesa valdese aderì alla Riforma di Lutero ma continuarono ad essere perseguitati nelle cd. “pasque piemontesi” ed emigrano in Svizzera dove sono accolti da Calvino. Nel 1689 rientrarono in Italia dove vennero segregate nel ghetto alpino (1689) fino al 17 febbraio 1848 quando Carlo Alberto di Savoia consentì al loro riconoscimento legale. Nell’Italia unita si assiste ad un regime di separazione imperfetta tra Stato e Chiesa con una decisa adesione della Chiesa valdese ai valori risorgimentali ma al contempo con l’impossibilità di insegnare la religione nella scuola pubblica. Nel 1929 la Chiesa valdese fu riconosciuta tra i culti ammessi tuttavia il modello pattizio fu rifiutato in quanto sospettato di confessionalismo. Nel 1975 la Chiesa valdese si unì a quella metodista. Nel 1996, in occasione della celebrazione dell’anniversario dell’affissione delle 95 tesi di Lutero, è nata l’Associazione “31 ottore” con lo scopo di formare gli insegnanti iRC sulla conoscenza delle confessioni cristiane non cattoliche. In anni recenti il governo italiano ha proposto la possibilità di impartire un’ora di religione valdese come attività alternativa all’iRC il che è stata rifiutata perchè non risponde all’idea di separazione tra Stato e Chiesa. Non si discute il fatto che si possa insegnare la religione ma si discute se ciò possa avvenire nelle istituzioni pubbliche perchè altrimenti verrebbe a crearsi un conflitto d’interessi: l’insegnamento religioso non deve gravare sulle tasche dei contribuenti.

Interviene George Grigorita, dell’università di Bucarest, che discute una relazione sull’insegnamento della religione nella chiesa ortodossa rumena. Ci sono tre possibilità dell’insegnamento della religione ortodossa (iRO): in parrocchia attraverso dei corsi biblici, nelle Metropolie attraverso i sacerdoti e nella scuola pubblica il che dipende dal rapporto tra la Chiesa ortodossa e il governo. Durante il comunismo l’iRO era proibita almeno fino al 1991 quando è stato consentito in tutte le scuole pubbliche. L’iRO è obbligatoria nella scuola elementare ma prevede la possibilità per gli allievi di non avvalersene e alcuni hanno fatto causa alla Corte costituzionale che ha deciso che l’iscrizione automatica non è valida. Alcuni hanno chiesto di sostituire l’iRO con un insegnamento di storia delle religioni. Dopo la scuola elementare gli allievi sono automaticamente iscritti all’iRO tuttavia l’art. 87 del concordato prevede il diritto costituzionale di studiare una religione diversa (in Romania ci sono 18 culti riconosciuti e l’insegnamento religioso è libero). Anche in Romania come in Italia l’abilitazione è stabilita dall’autorità religiosa relativa a quella religione ma lo stipendio è garantito dallo Stato. Diversamente dall’Italia però l’eventuale ritiro del nulla osta ad insegnare non aliena il docente dalla possibilità di insegnare ma solo di non poterlo fare nelle scuole pubbliche, es. un insegnante di religione islamica interdetto dalle scuole pubbliche può continuare ad insegnare in una scuola tatara.

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